Ho cambiato casa quindici, venti volte, ho perso il conto. Ho cambiato casa tante volte anche quando ero piccola. Ho anche cambiato città ma mi sono spostata massimo di 80 km, non ho mai avuto amici e famigliari impossibili da raggiungere ma solo a distanza di sicurezza. Il fatto di non essermi mai sentita a casa mi ha fatto impazzire per tutta la mia infanzia, poi un giorno - avevo circa 27 anni e tre bimbe piccole - mi sono comprata una casa in collina. Niente di pretenzioso, un grande terrazzo ma niente giardino privato; grandina e con vista, ma molto, troppo umida. Dopo otto anni ho capito che avevamo bisogno di altro: di scuole migliori, di un lavoro migliore, di una piscina e un cinema vicino a casa, di un medico non a venti km di distanza. Ho affittato un inquilino, ma ci penso da allora, da otto anni. L'inquilino vorrebbe comprarla e a me converrebbe venderla, ma non sono in grado di rinunciare all'unico posto che nella vita io abbia mai chiamato casa.
Come ti capisco... anch'io non ho più un posto che posso chiamare casa. Ho vissuto più anni in Italia che in Argentina (28 contro 9) e se mi chiedono se tornerei a Buenos Aires, dico purtroppo di no. Non perché non voglio, ma perché non si può, vista l'attuale situazione economica e sociale. Ma non mi sono più sentita a casa in nessun posto, né a Bologna, né a Ravenna, né a Pesaro, né a Madrid (forse a Madrid sì, assomiglia molto a Buenos Aires nell'architettura) né a Barcellona. Casa mia è la mia infanzia, e me la porto nel cuore. Così viene con me ovunque. Questa al momento è l'unica soluzione che ho trovato :)
Io in un'isola ci sono finita, e mio malgrado ci sto ancora, e ogni volta che torno "a casa", in estate o a Natale, a casa non mi ci sento per niente, e mi chiedo quale sia il vero significato di quella parola. Sono quasi invidiosa delle persone che hanno un posto dove davvero sentirsi a casa e forse proprio perché io vivo con questa mancanza, ho il pensiero costante di non voler far provare ai miei figli quella sensazione. Voglio essere io, la loro casa.
Cara Valeria, ci ho messo un po' perché il tuo commento mi ha fatta pensare e non volevo risponderti troppo velocemente. Mi sono chiesta se anche io voglio essere la casa di Amedeo e ho pensato che probabilmente lo sono già ma che forse no basto solo io. I miei genitori alle volte non sono stati la mia casa, semplicemente perché sono umani e hanno sbagliato. In quei momenti ero felice di avere un pezzo della mia casa fisica che fosse solo mia, la mia camera. Con le mie cose, il mio spazio, il mio silenzio, i miei libri. Quelle fondamenta immobili di materia che resta lì sono state necessarie, certo le avevano pensate i miei genitori per me e quindi erano casa in tutti i sensi possibili. Forse la casa è l'insieme di tutto questo: persone, emozioni e anche pareti, mattoni, intonaco. Chissà, non ho ancora trovato una risposta perché quello che somiglia di più a questo è nel passato e non è più casa mia. Ora ho accanto le persone giuste ma non la materia giusta. Grazie del commento, ti abbraccio!
Quante cose che abbiamo in comune! Il nome, la decisione di non tornare in Sardegna, Padova (e poi Parigi), e anche l'amore per Prisca Puntoni! Un abbraccio
Che strano il destino di chi ha abitato e non abita più. Io non vengo da un'isola ma mi sento allo stesso modo. Il senso straniante di un posto che è tuo ma contemporaneamente non lo è più e non potrà mai tornare ad esserlo, lo conosco bene. Mi gira le budella ogni volta. Dall'altra parte dello schermo, un abbraccio.
Ho cambiato casa quindici, venti volte, ho perso il conto. Ho cambiato casa tante volte anche quando ero piccola. Ho anche cambiato città ma mi sono spostata massimo di 80 km, non ho mai avuto amici e famigliari impossibili da raggiungere ma solo a distanza di sicurezza. Il fatto di non essermi mai sentita a casa mi ha fatto impazzire per tutta la mia infanzia, poi un giorno - avevo circa 27 anni e tre bimbe piccole - mi sono comprata una casa in collina. Niente di pretenzioso, un grande terrazzo ma niente giardino privato; grandina e con vista, ma molto, troppo umida. Dopo otto anni ho capito che avevamo bisogno di altro: di scuole migliori, di un lavoro migliore, di una piscina e un cinema vicino a casa, di un medico non a venti km di distanza. Ho affittato un inquilino, ma ci penso da allora, da otto anni. L'inquilino vorrebbe comprarla e a me converrebbe venderla, ma non sono in grado di rinunciare all'unico posto che nella vita io abbia mai chiamato casa.
La casa è così complicata, è un luogo fisico dove si intrecciano tutte le cose non fisiche che ti tengono in piedi.. ❤️
Come ti capisco... anch'io non ho più un posto che posso chiamare casa. Ho vissuto più anni in Italia che in Argentina (28 contro 9) e se mi chiedono se tornerei a Buenos Aires, dico purtroppo di no. Non perché non voglio, ma perché non si può, vista l'attuale situazione economica e sociale. Ma non mi sono più sentita a casa in nessun posto, né a Bologna, né a Ravenna, né a Pesaro, né a Madrid (forse a Madrid sì, assomiglia molto a Buenos Aires nell'architettura) né a Barcellona. Casa mia è la mia infanzia, e me la porto nel cuore. Così viene con me ovunque. Questa al momento è l'unica soluzione che ho trovato :)
Mi sembra una bellissima soluzione ❤️
Uniamo tutte le wannabe Prisca d’Italia? Bianca Pitzorno fan club??
Magari!!!
Io in un'isola ci sono finita, e mio malgrado ci sto ancora, e ogni volta che torno "a casa", in estate o a Natale, a casa non mi ci sento per niente, e mi chiedo quale sia il vero significato di quella parola. Sono quasi invidiosa delle persone che hanno un posto dove davvero sentirsi a casa e forse proprio perché io vivo con questa mancanza, ho il pensiero costante di non voler far provare ai miei figli quella sensazione. Voglio essere io, la loro casa.
Cara Valeria, ci ho messo un po' perché il tuo commento mi ha fatta pensare e non volevo risponderti troppo velocemente. Mi sono chiesta se anche io voglio essere la casa di Amedeo e ho pensato che probabilmente lo sono già ma che forse no basto solo io. I miei genitori alle volte non sono stati la mia casa, semplicemente perché sono umani e hanno sbagliato. In quei momenti ero felice di avere un pezzo della mia casa fisica che fosse solo mia, la mia camera. Con le mie cose, il mio spazio, il mio silenzio, i miei libri. Quelle fondamenta immobili di materia che resta lì sono state necessarie, certo le avevano pensate i miei genitori per me e quindi erano casa in tutti i sensi possibili. Forse la casa è l'insieme di tutto questo: persone, emozioni e anche pareti, mattoni, intonaco. Chissà, non ho ancora trovato una risposta perché quello che somiglia di più a questo è nel passato e non è più casa mia. Ora ho accanto le persone giuste ma non la materia giusta. Grazie del commento, ti abbraccio!
Quante cose che abbiamo in comune! Il nome, la decisione di non tornare in Sardegna, Padova (e poi Parigi), e anche l'amore per Prisca Puntoni! Un abbraccio
Un abbraccio Francesca! ❤️
Che strano il destino di chi ha abitato e non abita più. Io non vengo da un'isola ma mi sento allo stesso modo. Il senso straniante di un posto che è tuo ma contemporaneamente non lo è più e non potrà mai tornare ad esserlo, lo conosco bene. Mi gira le budella ogni volta. Dall'altra parte dello schermo, un abbraccio.
Grazie Maria Giulia ❤️
Non so se l'hai mai vista, ma uno dei miei imperi romani è questa intervista a Bianca Pitzorno
https://www.youtube.com/watch?v=hmv9gl0kdus&t=876s&pp=ygUQYmlhbmNhIHBpdHpvcm5vIA%3D%3D
Mi hai appena allietato la mattinata, grazie!!!