Non mi è mai piaciuta Xena principessa guerriera. Da piccola io volevo essere una principessa non guerriera. Colore preferito rosa, sogno possedere la casa di Barbie quella con l’ascensore, costume di carnevale Belle anche se il giallo mi sbatteva allora e mi sbatte oggi. Quindi Xena non mi piaceva. Per questo mi è sembrato strano l’altro giorno.
Camminavo sul tapis roulant velocità 6, avevo voglia di ascoltare solo musica lenta e triste, mi sono detta Francesca se ti metti ad ascoltare musica lenta e triste col cazzo che cammini veloce per trenta minuti, qui finisce che spegni tutto e ti butti sul letto. E allora fai lo sforzo supremo e cerca su Spotify playlist fitness e fai partire la prima che esce.
Bisogna dire che era mercoledì, io vedo la mia psicologa il giovedì mattina e dal mercoledì comincio a pensare a cosa dirle. Capita spesso che le ispirazioni mi arrivino sul tapis roulant quando ho spento il cervello con la musica, musica davvero brutta come quella delle playlist fitness di Spotify. È stato come un flash e ho visto Xena, o meglio io ero Xena principessa guerriera che coraggiosa portava in pasto alla psicologa la cosa che più le faceva paura. Mi sentivo proprio soddisfatta, io sì che sono coraggiosa, le mie paure le prendo di petto e non mi nascondo, nossignore, io non sono una femminuccia, io sono Xena principessa guerriera. Applausi.
Ora, è poco che faccio terapia ma ho già capito che non ci ho capito un cazzo.
Il giorno dopo davanti alla psicologa nel giro di venti minuti mi sono trovata a guardare in faccia un mostro enorme, spaventoso, che non sapevo che ci fosse. Non era quello di cui volevo parlarle. È stato come se quel mostro che avevo il coraggio di affrontare avesse aperto la bocca e vomitato un mostro sconosciuto, come una matrioska splatter.
Questo mese ho letto più del solito. Leggo molti libri della biblioteca, vorrei vivere in una biblioteca. Le parole dei libri che leggo capita che si mischino, i confini dei libri si fanno labili e quello che conta sono solo le parole, il modo in cui sono scritte, certo anche la storia che raccontano, come la raccontano. Lascio che le parole mi attraversino, ho la netta sensazione che il mio cervello se ne cibi, ho la netta sensazione che il mio cervello stesse morendo di fame da anni e quindi non importa se i confini dei libri si fanno labili, l’importante sono le parole che drop drop drop cadono come pioggia e attraversano il cervello.
Non credevo di essere una persona che non racconta niente di sé. Non ho mai creduto di esserlo. Adesso so che lo sono. Che ho una diga nella testa dove stanno nascoste tutte le cose che fanno davvero troppo male. Quelle cose, io non voglio dirle a nessuno. Io non voglio pensarle, quelle cose. Io voglio che non siano mai esistite. E se non le dico non esistono.
Queste parole non sono mie, sono di Antonella Lattanzi. Ho letto queste parole nel suo libro Cose che non si raccontano e so che quel libro non si mischierà mai a nessun altro. Quelle parole sono io.
Mentre leggevo ho promesso ad Antonella Lattanzi che se vince lo Strega io ovunque mi trovi festeggerò, non so ancora come forse farò una cosa banale come ubriacarmi di prosecco, quindi basteranno due bicchieri.
Mi capita così tante volte, tacendo così tante cose di me, che le altre persone non sappiano quello che faccio per loro. Chissà quanto di ciò che fanno gli altri per me, non so io.
Antonella, le ho detto nella mia testa, Antonella sei tu o sono io?
Io non do problemi, mai. Io ho una diga nella testa da 36 anni dove ci ficco tutto quello che non voglio che esista, tutto quello che fa troppo male, tutto quello che non potrei mai raccontare a nessuno perché darebbe fastidio, perché darebbe problemi. Invece Xena dà fastidio, è rumorosa e fa quell’urlo orribile, da piccola la odiavo quando faceva quell’urlo, è coraggiosa, è come i maschi ma è meglio perché è una femmina.
Per scrivere queste newsletter spesso mi devo spingere dove non vorrei davvero andare, attraversare quella diga più di quanto non abbia mai fatto con altri esseri umani, ma fino all’altro giorno con la psicologa io non avevo mai davvero capito che avevo costruito quella diga, con pazienza e determinazione, da anni. Nessuno costruisce per te quella diga, lo fai da sola. Come si fa a distruggerla? Credo con le parole. Forse con qualche urlo. Fino a quando non ho letto quel libro che non si mischierà mai a nessun altro non avevo capito quanta forza serve per distruggerla, quante cose può contenere, cose terribili che non si raccontano ma poi quando si raccontano.
Magari si vince lo Strega. Magari si riesce a dare fastidio.
Cose belle di maggio 🦄
Questo mese ho letto un botto di libri, undici. Non so come sia stato possibile. È che ho letto libri che mi sono piaciuti molto e che non riuscivo a smettere di leggere, infatti ho anche dormito meno del solito.
Avete capito che Cose che non si raccontano di Antonella Lattanzi, preso in biblioteca ma che voglio comprare, mi è piaciuto (eufemismo). Poi ho letto:
L’isola di Arturo di Elsa Morante, vincitore del premio Strega nel 1957. Arturo ricorda la sua infanzia da piccolo selvaggio che cresce praticamente da solo sull’isola di Procida. Non è stato facile leggerlo. È un libro denso, descrittivo, l’attenzione allo stile è quasi maniacale. È stato un libro diverso da ciò a cui mi ero abituata, mi è piaciuto fare più fatica del solito, dovermi fermare più spesso. Procida dev’essere una meraviglia, mi piacerebbe vederla.
Dalla biblioteca ho preso due libri di Silvia Avallone, Acciaio e Cuore Nero. Acciaio so che è molto conosciuto, a me aveva sempre fatto paura perché lo immaginavo un libro durissimo, e infatti. Non ho più paura delle storie difficili, per un sacco di tempo mi sono detta che non facevano per me perché nel mondo c’erano già tanti problemi e io pure nei miei momenti di relax mi andavo a leggere delle storie che poi magari mi intristivano o non mi facevano dormire. Sono felice di esserne uscita, da questa fase. Acciaio è spietato, ma quanto mi è piaciuto. Più duro ancora è Cuore Nero. Lo stile della Avallone è capace di tenermi appiccicata alla storia, Cuore Nero l’ho finito in un finesettimana, è una storia d’amore tra due persone che non potrebbero essere più lontane, un libro buio dove sono i personaggi secondari a portare la luce.
Sempre in biblioteca ho preso La ricreazione è finita di Dario Ferrari, che è stato un sospiro di sollievo dopo i libri della Avallone. La storia è più leggera, ma non per questo meno interessante. Racconta tra le altre cose il mondo dell’università in Italia, il potere di chi le dirige e la rassegnazione di chi subisce il potere. Ma è anche la storia di Marcello, un uomo di trent’anni che è rimasto a quando ne aveva 15 e che per miracolo vince un dottorato di ricerca ed è pagato per studiare, cosa che gli sembra assurda. La sua tesi di dottorato gli verrà assegnata e sarà su Tito Sella, un autore che è stato anche un terrorista e che è morto in prigione.
Poi sono passata a Le otto montagne di Paolo Cognetti, forse ero rimasta l’unica a non averlo ancora letto. Ve l’ho detto che erano anni che non leggevo storie. Mi è piaciuto tanto, mi ha quasi fatto venire voglia di tornare in montagna. Quasi.
Il libro del mese scelto dal club del libro dell’Istituto Italiano di Cultura qui a Budapest è stato Spilli, esordio di Greta Olivo che è nata nel 1993 e no amici, non ha vent’anni ma 31, lo so lo so. È la storia di Livia che a 11 anni scopre che ad un certo punto, molto presto, i suoi occhi smetteranno di vedere. Attraversiamo con lei l’adolescenza, il desiderio di essere semplicemente come gli altri, il rapporto con i genitori. Ho la sensazione che sia rimasto tutto un po’ in superficie, mi sarei aspettata la rabbia che non è mai arrivata. Ma è un esordio e credo che Olivo possa regalarci soddisfazioni in futuro.
Luca è andato per un paio di giorni a Milano e al suo ritorno mi ha portato Quando muori resta a me di Zerocalcare. L’ho letto immediatamente e mi sono stupita di quanto si sia reso vulnerabile in questo libro. Tutti quei muri che ci portiamo da generazioni descritti così bene.
Ho fatto un altro giro in biblioteca e ho preso Dalla stessa parte mi troverai di Valentina Mira, che fa parte della dozzina dello Strega. È una storia vera, la storia dei morti di Acca Larentia, del fascismo e dell’antifascismo negli anni di piombo, la storia di Mario Scrocca e di come morì in carcere. Quello che mi ha fatto piacere questo libro è che l’autrice ci ha messo anche la sua di storia. Di quando stava con un fascista, di cosa abbia significato e della colpa che cerca di espiare da allora.
Poi ho letto sempre dalla biblioteca Quaderno Proibito di Alba de Cespedes che darei da leggere a tutti. Il diario di Valeria Cossati, una donna della classe media nell'Italia degli anni Cinquanta, potrebbe essere il diario di una quantità enorme di donne italiane nel 2024 e questo è (vorrei scrivere terrificante ma mi pare una parola troppo grossa. O forse no). Potremmo essere state Valeria in una fase della nostra vita, esserlo da sempre e non rendercene conto, o potrebbe esserlo nostra moglie o la nostra migliore amica che proprio non capiamo.
L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio l’ho comprato per farmi compagnia durante il viaggio che ho fatto a fine mese per andare a conoscere Rachele. L’ho letto in aeroporto, in aereo, in treno. Quando leggo libri così mi meraviglio sempre perché leggerlo è naturale come respirare, le parole scorrono senza inciampi e mi permettono di vedere nella mia mente tutto, la storia, i luoghi, i personaggi. Bello.
Specifico i libri che prendo in biblioteca perché se non ci fosse la biblioteca io non leggerei mai così tanto. Siccome non li pago scelgo dei libri di cui nessuno mi ha parlato, corro il rischio. E se non mi piacciono li mollo lì senza sensi di colpa e li cambio con altri. Magari dico una cosa banale, ma se avete il blocco del lettore fatevi un giro in biblioteca.
Per quanto riguarda i podcast, sempre Sigmund che purtroppo è giunto all’ultima puntata ma spero che ci sarà una seconda stagione. Questa ultima puntata si chiama essere giovani, oggi e mi ha confermato che essere genitore è davvero la cosa più difficile che esista.
Poi è uscito un nuovo podcast, curato da Irene Facheris, che si chiama Tutti gli uomini. Quando ti sei accorto di essere un maschio è la prima puntata, dove tanti ma tanti uomini raccontano, senza essere interrotti, quando hanno capito che cosa significa essere maschi, che cosa dovevano essere e a cosa dovevano rinunciare. Interessante, da madre di un maschio.
Finiamo con la musica. Questo mese mi sono incagliata con Flavio (Gazzelle) e non ne sono uscita. Chissà dove saremo tutti a giugno del 2025, io spero a San Siro a vedere Flavio.
Questa mail è di una lunghezza sconveniente. Un premio se siete ancora svegli.
Vi abbraccio!
Francesca
Comunque la casa di Barbie con l’ascensore piaceva da morire anche a me 😂 e ci giocherei ancora!! Mi hai fatto venire voglia di ricominciare a leggere tanto 🤍 grazie Franci!
Credo che forse ti posso un po' capire con questa storia di Xena. Anche a me non piaceva Hercules, o meglio non mi ci sono mai identificato, infatti mi vedevo molto più come Corilo...