Mi chiamo Francesca perché la mia bisnonna si chiamava così, e poi mia nonna si chiamava Franca che poi è quasi la stessa cosa. Mi piace il mio nome, mi piace che Luca mi chiama Franci quando non mi chiama amore perché Franci è come mi hanno sempre chiamata a casa, mi piace che le persone a cui voglio bene mi chiamino Franci ma so che ad alcune può sembrare stucchevole e quindi va bene anche Fra.
Mi piacciono le cose stucchevoli, come i film d’amore, come Love Actually e Notting Hill invece Pretty Woman no, quello non mi è mai piaciuto. Mi piacciono le cose dolci ma non mi piacciono i dolci, una contraddizione come siamo tutti, siamo tutti delle contraddizioni viventi e cerchiamo di mascherarle perché delle nostre contraddizioni alle volte ci vergogniamo, il mondo ci chiede coerenza, devi essere coerente ti dicono, ma io non voglio essere coerente, certo mi piacerebbe che la politica lo fosse e non ho capito se non lo sono loro perché lo devo essere io? lasciatemi in pace.
Dicevo, mia nonna Franca. Era la mia nonna preferita e io ero la sua nipote preferita. Mi diceva che avevo delle belle gambe e ancora oggi io ci credo. Ancora oggi mi piacciono le mie gambe perché piacevano a lei. È morta la notte prima che io partissi per il viaggio della maturità, a Praga. Non sono partita. È stata la prima volta che ho pianto per la morte di qualcuno. È stata la prima volta che ho visto una bara aperta con una persona morta dentro. Mi ricordo che la guardavo e la riconoscevo e non la riconoscevo ed è arrivata mia zia che mi ha portata via. Non sono mai andata a Praga, dicono che è davvero bella, la più bella delle città dell’est Europa e io non lo so se ci andrò mai.
Da bambina e adolescente disegnavo molto. Mi piaceva perché sapevo che mio nonno, il marito di Franca, disegnava bene e mio papà, il figlio di Franca, disegna bene e io volevo essere parte di questa cosa e quindi disegnavo e dipingevo. E volevo che mi dicessero brava, volevo dimostrare di avere quella cosa anche io, volevo appartenere. Come se già non appartenessi poi. Mi riusciva anche, disegnare, non bene come avrei voluto.
C’è sempre stata una sensazione di mancanza nelle cose che faccio, me ne accorgo ora qui seduta in una brutta caffetteria ascoltando brutta musica mentre scrivo. Devo venire qui a scrivere perché se resto a casa riesco a mettere tutti i bastoni del mondo tra le mie ruote, che vorrebbero scrivere e far rotolare parole in discesa, invece io ci metto tutti i bastoni che riesco a trovare, grandi, piccoli, inutili bastoni. Per sfuggire a me stessa allora vengo in questa caffetteria brutta che mi piace molto.
Una sensazione di mancanza, nel senso che faccio e so che mi manca sempre qualcosa. Rincorro per appartenere, cerco quella cosa che mi dica eccoti, predestinata, questo è quello che devi fare tutto il giorno, tutti i giorni per sempre, questa è la tua strada, è proprio per questo che sei viva, che sei nata.
Questo pensiero, non mi ero mai accorta di quanto sia faticoso. Sono un po’ stanca adesso di rincorrere, pensavo di stare ferma e farmi raggiungere.
Vi abbraccio!
Francesca
Ps. L’illustrazione che (per chi legge su Substack) vedete in copertina è di Giuditta Bertoni (aka heygiudi) che è davvero brava a disegnare, mica come me.
Scrivi, disegna, dipingi. Non aspettare un buon giudizio altrui e tieniti alla larga dal giudice più severo: te stessa. È difficile, ti capisco.
Ciao Francesca, hai ragione.. che fatica dopo un po' la sensazione di dover sempre rincorrere qualcosa. Vorrei tanto essere una di quelle che è nata conoscendolo già, quel qualcosa, che non ha dovuto rincorrerlo, perché ce l'aveva già chiaro nella testa. Invece mannaggia, nella mia solo contraddizioni - però che belle anche se si cozzano l'un l'altra. Un abbraccio 🤍