L’ombra di Peter era viva. E lui la voleva indietro! Anche se era un’ombra dispettosa. Lui la voleva indietro perché era sua. Aveva un suo carattere, diverso. Delle sensazioni, un pensiero. Ma era sua, non poteva rimanere a casa di Wendy, doveva ritornare e cucirsi di nuovo ai suoi piedi.
Quando scrivo le cose che mi vengono meglio non le scrivo io, le scrive la mia ombra. Perché lei lo sa che la scrittura non sopporta la bugia e solo la mia ombra sa scrivere la verità. Non mi somiglia, è un mostro con gli occhi rossi e gli artigli, che sono molto importanti perché la verità me la devo strappare via con i suoi artigli. Se mentre scrivo fa un po’ male so che non mi devo fermare.
La mia ombra è quella che vedo riflessa negli occhi di Luca quando non parlo e non lo faccio entrare, quando non mi faccio capire e lo tengo fuori al freddo anche se lui vorrebbe entrare e me lo chiede per favore e io niente. La vedo anche negli occhi di Amedeo quando sbaglio, urlo, mi arrabbio per niente, quando non ho pazienza, quando lui mi chiama e al suo mamma io non mi giro. Vederla nei loro occhi mi fa male, la odio. Mi odio. Prima la spingevo via, non la volevo vedere. Volevo che anche lei scappasse a casa di Wendy, io non sarei andata a riprendermela. Ma lei non andava via, diventava pesante, viscida e appiccicosa. C’era soprattutto quando non doveva esserci, in quei giorni che volevano essere allegri e che io rovinavo, che lei rovinava, per tutti.
Allora visto che lei non voleva andare via, non vanno mai via le ombre, ho deciso di guardarla bene nei suoi occhi rossi, di farmi accarezzare dai suoi artigli che ogni tanto mi graffiano ma io la perdono, ogni giovedì alle nove con la psicologa.
La mia ombra mi ha sempre fatto vedere le ombre degli altri. Non mi piace questo di me, vorrei che non lo facesse ma lei lo fa lo stesso. I suoi artigli mi indicano quello che c’è dietro, nel buio di chi ho davanti. Mi dice guarda: lì c’è una come me. Le più pericolose sono quelle enormi, cattive che sono mascherate da bugie luminose. Le bugie le vedo sempre sempre sempre ma non ci voglio credere. Non ci ho creduto in passato e le ombre degli altri mi hanno fatto male eppure ancora oggi come prima, come seconda, come terza reazione mi fido. Anche se la mia ombra mi dice nell’orecchio guarda. Ingenua.
Adesso che so guardarla negli occhi lei ogni tanto mi lascia lo spazio che mi serve, lascia che sia mezzogiorno un po’ più spesso e un po’ più a lungo, quel momento di pura luce dove le ombre non esistono più. Quando arriva mezzanotte qualche volta si diverte a farmi credere che potrebbe durare per sempre quel buio assoluto, ma non è mai vero. Mi sto costruendo una lampadina nel cervello, di quelle con la cordicella che quando tiri fanno clic e la luce si accende, così in quei momenti la mia ombra la posso guardare bene nei suoi occhi rossi e dirle parliamo un po’.
Oggi capisco perché Peter è volato a riprendersi la sua ombra dispettosa, oggi andrei anche io con lui.
Vi abbraccio,
Francesca
Che bei ricordi! Avevo la vhs
Le ombre riflesse negli occhi dei nostri cari sono lo stimolo a lavorare ogni giorno su noi stessi, come stai facendo. Ti auguro di allineare la tua anima ai periodi di luce dei paesi scandinavi da Aprile a Settembre. E se ci fossero ancora ombre - anzi, ce ne saranno sempre - continua a guardarle negli occhi. Accettale e accettati.